In questi giorni ho notato che sui media ed i social network molti sono convinti di sapere la verità tutta la verità sull’ondata di terrore che da anni stringe l’Europa e il mondo. Ma sono verità di argilla. Sembrano edifici teorici solidi (che vanno dall’incompatibilità dell’Islam con la democrazia alla difesa di un’idea di Occidente dai contorni piuttosto variabili), ma in realtà patine sottili, gadget seriali da esporre nel mercato apparentemente conveniente e democratico delle opinioni, dove la confezione sgargiante nasconde il vuoto di un’omologazione che svanirebbe alla minima immissione nel circuito di una qualche capacità critica. Contrapporre a questi salti nel cerchio di fuoco una qualche mia verità significherebbe accettarne la ratio, quindi l’unico principio che vorrei difendere è l’opportunità, se non il dovere, di conoscere la storia se si vogliono comprendere le quistioni del presente. A questo proposito ci sono delle letture che credo siano molto utili per darci una chiave di interpretazione di ciò che sta accadendo ed una è opportuno proporla oggi, giorno in cui ricorre il 90esimo anniversario dell’uccisione di Ferdinando Sacco e Bartolomeo Vanzetti (e il 40esimo anniversario della loro riabilitazione da parte di Michael Dukakis, forse l’unico candidato alla Presidenza USA sconfitto in buona parte per la sua radicale contrarietà alla pena di morte). E’ Il mondo che non fu mai dello storico inglese James Butterworth, che racconta la storia del ribellismo e del terrorismo anarchico dalla Comune di Parigi alla Prima Guerra Mondiale. Un’opera molto ben documentata, capace di restituire lo spirito di un’epoca molto inquieta e soprattutto di ricostruire la logica e le dinamiche che ad un certo punto possono portare uomini e donne a votarsi al nichilismo terrorista. Butterworth spiega molto bene diverse cose: - che non tutti gli anarchici erano terroristi, anche se alle polizie veniva comodo pensare che fosse così. Ma nello stesso tempo gli anarchici non violenti dovevano fare i conti con le contraddizioni di un pensiero che predicava il sovvertimento dell’ordine costituito, lasciando ampi spazi di ambiguità e discrezione sui mezzi che giustificavano il fine. I moderati affrontavano quindi il paradosso dell’ostracismo: considerati pericolosi sobillatori dall’ordine costituito e imbelli, velleitari e rinnegati dai predicatori della propaganda col fatto (dove fatto stava per attentati), erano vittime di un esilio umano permanente di cui in parte erano responsabili. - Che l’anarchia era allora la veste ideologica più comoda da indossare per singoli individui sociopatici o alienati. Allora ci si radicalizzava leggendo Bakunin e non il Corano. Ed i radicalizzati privi di basi politiche inaugurarono gli attentati nei luoghi pubblici in alternativi ai ben più mirati, anche se altrettanto efferati, regicidi. - Che anche se non c’era internet circolavano numerose pubblicazioni che fornivano le istruzioni per realizzare la propria bomba casalinga. Veri e propri rotocalchi del tritolo e della dinamite. Alla fine ciò che è cambiato da allora ad oggi è solo la riproducibilità tecnica della del fanatismo fai da te. - Che la radicalizzazione di alcuni gruppi minoritari nell’ambito del movimento anarchico (oltre che l’anarchia stessa) scaturiva reale e concreta di abissali diseguaglianze sociali, che in quel periodo storico si facevano sempre più acute e diffuse in diversi Paesi. Non era quindi un caso che gli anarchici britannici fossero pochi e invece molti i radicali che venivano da paesi dove regnavano l’assolutismo e/o l’asservimento brutale delle masse come la Russia e l’Italia. - Che gli estremisti viaggiavano insieme alle migrazioni di massa, trovando nei paesi di arrivo terreno fertile per fare proseliti sulla base delle condizioni di duplice sfruttamento – di classe e di etnia - a cui venivano sottoposti i migranti. Noi oggi guardiamo ai profughi come un vettore del terrorismo, esattamente come gli USA dell’epoca vedevano negli Italiani e nei Russi i portatori insani dell’anarchismo bombarolo. Sacco e Vanzetti furono vittime di questo meccanismo ideologico che creava la paura per convertirla in consenso. Leggendo Il mondo che non fu mai sono stato colpito da una riflessione: molti della mia generazione sono, come me, cresciuti ascoltando con commozione La Locomotiva di Francesco Guccini. La canzone racconta la storia del macchinista anarchico Pietro Rigosi che nel 1893 provò a lanciarsi con una locomotiva contro un treno pieno di signori. Scambiamo la locomotiva con un camion; la ferrovia con la Rambla; il treno pieno di signori con le masse di turisti; l’anarchia con l’Islam e possiamo intravedere una logica che non giustifica ma spiega. E se la logica è la stessa è facile che anche il motore di quella logica sia il medesimo: un mondo dove lo sfruttamento dell’uomo sull’uomo può portare anche alla violenza indiscriminata, creando le condizioni per reclutare martiri. Come diceva Brecht disgraziata la terra che ha bisogno di eroi. Una constatazione che non assolve alcun terrorista e non offre alcuna attenuante ai loro crimini, ma che dovrebbe costringere a capire che per combattere un fenomeno prima bisognerebbe comprenderlo.
0 Commenti
Lascia una risposta. |
Simone Farello feat Gyorgy LukacsOgni forma d'arte è definita dalla dissonanza metafisica della vita. Archivi
Gennaio 2018
Categorie |