Finalmente sono arrivate le ferie ed è quindi giunto il momento di scegliere i libri da mettere in valigia.
Per quest’anno ho scelto di: 1. Rimediare ad una lacuna che, se non risolta, mi impedirebbe di proseguire nella lettura di alcune delle opere di Richard Ford. In libreria troverete la sua ultima opera, un racconto autobiografico, ma il suo filone principale resta quello dei romanzi che hanno come protagonista Frank Bascombe, a partire da Sportswriter. Un libro di culto negli USA a cui fece seguito Il Giorno dell’Indipendenza che si aggiudicò il Premio Pulitzer ed è ora nei miei bagagli. L’ultimo della serie aspetta nello scaffale della mia libreria. 2. Rispettare la tradizione dei polizieschi sotto l’ombrellone, rendendo nello stesso tempo omaggio alla meritoria iniziativa editoriale di Sur che sta ripubblicando la serie di Shaft il Detective di Ernest Tidyman, con uno dei pochi protagonisti di colore della lunga storia dell’hard boiled e grande fonte di ispirazione per il cinema di Quentin Tarantino. Si inizia con Shaft tra gli ebrei. 3. Approfondire la conoscenza di un’epoca del calcio italiano tanto gloriosa quanto condizionata dal contesto storico e politico del nostro paese: il decennio 1926 – 1938. Sarà possibile grazie a Enrico Brizzi che dopo aver sperimentato con un esito soddisfacente il connubio tra l’ucronia e il calcio in L’inattesa piega degli eventi ha scritto due saggi sull’epoca classica del nostro sport nazionale. Il secondo dei quali, Vincere o Morire. Gli Assi del Calcio in Camicia Nera, sarà l’antidoto a quel grand guignol che è il moderno calcio d’agosto.
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Con il suicidio di Chester Bennington, front man dei Linkin Park, se ne va un’altra voce del rock anni ’90. Dopo Layne Stayle nel 2002 e Chris Cornell qualche mese fa rimane solo Eddie Vedder a rappresentare una strepitosa quanto oscura stagione culturale che ebbe il suo archetipo in Kurt Cobain: primo eroe e prima vittima della scena grunge che spiccò il volo dalla piovosa e ventosa città di Seattle. Un volo di Icaro. Troppo vicine al sole le ambizioni di una generazione che spazzò via l’edonismo degli anni ’80 con una furia iconoclasta ed una rabbia che emisero la prima sentenza su quello che il reaganismo e il tatcherismo avevano inflitto alla società. Molti soldi che finirono presto, molta insicurezza che dura ancora oggi, moltissima solitudine. Cobain si tolse la vita nel 1994, in largo anticipo rispetto ai fatti Seattle del 1999, quando al tramonto del vecchio millennio, e all’alba di quello nuovo, esplose il movimento No Global, di cui in questi giorni si ricorda il tragico apogeo genovese. I giovani erano tornati in piazza con inciso nel dna il video di Small Like The Spirit, la coreografia di un’epoca, che grazie allo scrittore Douglas Coupland divenne la Generazione X. Ma se il romanzo di Coupland ha ancora tutte le atmosfere della letteratura americana del deserto e della frontiera e quelle lisergiche di Zabrinkie Point, se pur diluite nella disillusione; nessuno ha raccontato meglio la storia di quei ragazzi di Blake Nelson nel suo Paranoid Park. Un romanzo troppo trascurato rispetto alla pur efficace e bellissima trasposizione cinematografica di Gus Van Sant, che con quel film riscattò l’irrisolto Last Days, che provava a raccontare proprio gli ultimi giorni di Kurt Cobain senza però riuscire a coglierne la fiamma. Leggere o rileggere Paranoid Park, magari ascoltando i Nirvana o i Linnkin Park in sottofondo, è come leggere la lettera di addio di Chester, Layne, Chris e Kurt. Oggi il vessillo della battaglia contro la globalizzazione, il WTO e un mondo sbagliato è brandito da Donald Trump, uno di quelli che su quel mondo sbagliato ci è campato e ci campa. This land is mine, this land is free, I'll do what I want but irresponsiblyIt's evolution, baby! Cantano i Pearl Jam... ma come il grunge spazzò via gli anni ’80 qualcosa di sublime e intenso metterà fine a questi tempi bui, a questo Paranoid Park. Leggendo libri e apprezzando la qualità della scrittura degli autori che ci piacciono, pensiamo dentro di noi che “non saremo mai capaci di scrivere bene come quello che leggiamo”. La lettura è, spesso, una inibizione alla scrittura. A volte pensi che avresti delle cose da dire e, allo stesso tempo, hai paura di non essere all’altezza di raccontarle in modo adeguato. Chi decide di rompere gli indugi si assume un grande rischio, anche perché sa che i lettori sono molto esigenti. Ho deciso di correre il rischio e martedì 18 luglio presenterò il mio primo romanzo, insieme a due persone che mi hanno insegnato molte cose. Il Professor Vittorio Coletti alla Facoltà di Lettere dell’Università di Genova e Camillo Bassi, uno dei primi dirigenti di partito che ho incontrato. Sono stati due ottimi maestri e visitando questo blog o leggendo il romanzo sarete voi a giudicare se l’allievo ha imparato davvero qualcosa. Vi aspetto. In molti stanno partendo o partiranno per le vacanze estive. Un periodo dell’anno che i readers aspettano come un avvento perché, finalmente, avranno più tempo per leggere.
C’è chi ne approfitterà per dedicarsi ad un romanzo over size, tipo ‘Infinite Jest’ o ‘Guerra e Pace’ - sì, agosto si addice ai classici – e chi preferirà i racconti. Di quelli che vanno all’estero saranno in diversi a portarsi un romanzo ambientato nella loro destinazione, convinti che gli scrittori siano le migliori guide indigene e le storie le mappe interiori di un posto. Poi ci sono quelli che, fedeli ad una tradizione, leggono i gialli. Io sono tra quelli e quindi condividerò, nella sezione libri ritrovati, alcuni titoli di polizieschi di cui nessuno parla quasi più (alcuni di questi, ho scoperto, sono indisponibili anche sul mercato on line) ma che hanno fatto la storia del genere. E non solo. Perché i gialli sono letteratura. |
Simone Farello feat Gyorgy LukacsOgni forma d'arte è definita dalla dissonanza metafisica della vita. Archivi
Gennaio 2018
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