Horace Mc Coy è un autore che andrebbe completamente riscoperto. Di lui potrebbero ricordarsi, vagamente, gli appassionati di cinema che hanno visto Non si uccidono così anche i cavalli?, un film di Sidney Pollack che fece meritare l’Oscar come miglior attore non protagonista a Gig Young. Ma quanti sanno che la pellicola si basava sul romanzo omonimo di Horace Mc Coy? In Italia solo l’hard boiled molto anticonformista Un bacio e addio ha meritato l’attenzione di Einaudi, mentre le altre opere sono uscite per piccole case editrici. Avrei dovuto restare a casa per la genovese Il Melangolo, Non si uccidono così anche i cavalli? Per Terre di Mezzo, a cui dobbiamo anche la riscoperta de Un Sudario non ha tasche. Un Sudario non ha tasche sembra un po’ un hard boiled, ma al posto di un detective nelle vesti dell’antieroe c’è un giornalista che, stufo di vedere le sue inchieste più scomode insabbiate dalla sua testata collusa con i potenti della città, decide di farsi una rivista tutta sua per dire la verità, nient’altro che la verità. Cronaca di un martirio annunciato sin dalle prime pagine, il romanzo è profondamente politico. Se la maratona di ballo di Non si uccidono così anche i cavalli? era l’esasperata rappresentazione di un mondo dove per emergere contano solo la capacità di sopravvivere calpestando la caduta di chi compete con te per un posto al sole; Un Sudario non ha tasche è un viaggio nell’inferno in terra del potere. Le inchieste del protagonista Dolan sono il cammino in un cimitero dove tutte le tombe vengono scoperchiate e in ognuna si nasconde un peccato, una vergogna, soprattutto in quelle delle famiglie più altolocate, delle personalità più rispettabili. In un’atmosfera western che ricorda quelle del coevo Hammet, Mc Coy racconta la storia del suo giornalista come se fosse una parabola, dove l’unica cosa che conta è una parola che metta un punto, un articolo che sveli e metta a nudo gli ingranaggi del potere. In questo Un Sudario non ha tasche non è tanto un libro sul giornalismo ma, appunto, su come funziona una città in quanto aggregato molecolare di una società costruita su rapporti di corruzione. Non su fenomeni di corruzione ma su interdipendenze basate sullo status e la ricchezza, sull’apparenza della rispettabilità e la concretezza dell’aberrazione. Così disperato da non essere mai moralista ma fondamentalmente realista, Mc Coy assomiglia molto a Zola ed è forse per la sua eccessiva nitidezza e crudezza, che disturbano, che ha avuto meno fortuna di autori che hanno affrontato gli stesso temi e non ha avuto nemmeno il riscatto postumo toccato all’unico che un po’ gli può essere paragonato, Nathanael West. Ne Un Sudario non ha tasche, Mc Coy dà per la prima volta ai suoi personaggi una coscienza politica. Il dialogo in cui l’amico Bishop spiega a Dolan che quello che gli serve è "… disciplina. E organizzazione. Altrimenti non raggiungi neanche la prima base. Altrimenti sei solo un lavoratore zelante. Sai cos'è il comunismo, vero?", dà la chiave di lettura di tutta la storia raccontata. Per scoperchiare tombe va bene anche un antieroe, per cambiare le cose ci vuole molto di più che un esempio da seguire. Ma a volte un esempio da seguire è un buon punto di partenza, come ci ricorsa Sandro in Ogni Maledetto Martedì, parlando di Un Sudario non ha tasche: “Sono così abituato a giornalisti che trafficano con il potere, interessati soltanto ad anticipare le notizie utilizzando i politici come fonti riservate, pronti a parlar male di te se gli fai prendere un buco, o se fai qualcosa di così sbagliato da diventare una notizia più succulenta di quelle che gli hai fatto cucinare tu; da essere affascinato dalla storia di un cronista disposto a mettere la verità al di sopra di ogni cosa, anche della sua stessa vita. Mi ha colpito molto la piccola città, in cui tutti sanno i segreti di ognuno, ma fanno qualsiasi cosa affinché non vengano mai svelati quasi per la paura che, esposti alla luce del sole, possano sciogliersi come neve e, con loro, possano sciogliersi anche le persone. Questa cosa mi ha fatto pensare che una città possa essere tanto più importante quanto più sono numerosi e scabrosi i suoi segreti, e che il potere di chiunque faccia politica non stia in quello che è capace di fare o nei problemi che è in grado di risolvere; ma nella quantità di segreti che riesce a conoscere e che può scambiare con altri segreti. Quindi con altro potere. Del resto si dice, no?, “sapere e potere”. Ma si sono dimenticati il verbo nascondere”.
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Simone Farello feat Gyorgy LukacsOgni forma d'arte è definita dalla dissonanza metafisica della vita. Archivi
Ottobre 2017
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