Dopo aver scritto una tesi di laurea sul romanzo poliziesco, qualcuno pensava che avrei smesso di leggere gialli; che ne avrei avuto abbastanza. Ovviamente si sbagliava. Del resto, se le storie di detection continuano ad essere uno dei generi letterari più resistenti all’usura del tempo e delle mode, non vedevo e non vedo ragione per privarmi di quella che continua ad essere la mia lettura preferita. Certo: scegliere adeguatamente nella straripante produzione di thriller è un’impresa nell’impresa. Il genere è praticato ad ogni latitudine e in qualunque lingua: evidentemente l’esposizione dettagliata di un crimine attira sciami di lettori ansiosi di indagare, rivelare e punire. Anche molti non readers si concedono qualche volta un noir, perché sono davvero pochissimi quelli che riescono a resistere alla tentazione di competere con il detective di turno nella sfida a chi, per primo, indovina il colpevole. Questo eccesso di offerta rende molto difficile districarsi tra l’ottimo e il pessimo; tra il buono e il meno buono; tra il romanzo indovinato e quello che non sta in piedi, né per la trama, né per lo spessore dei personaggi. La scelta per questa recensione d’esordio è caduta quindi su un romanzo molto particolare di uno scrittore che è stato molto celebre e che oggi sta scivolando nell’oblio, insieme al genere di cui è stato un indiscusso maestro. Quando ho scoperto che si era cimentato anche con il poliziesco non ho avuto la minima esitazione a leggere quella che è a tutti gli effetti una storia unica, scritta in modo unico. Il fatto è che Stanislaw Lem è stato uno dei più grandi scrittori del ‘900, anche se è conosciuto soprattutto per le sue opere di fantascienza, un genere sull’orlo di una crisi di nervi. Quando si è cimentato, senza che molti se ne accorgessero, in un poliziesco, il risultato è stato un romanzo dalle tinte così inquietanti e dall’intrigo così ardito che metterà a dura prova anche l’appassionato più incallito, quello che quando guardate un film insieme vi dice chi è l’assassino al massimo alla seconda scena. Con “L’Indagine” – questo il titolo originale del romanzo – non ci riuscirebbe. La natura stessa del caso su cui è chiamato ad indagare il Tenente Gregory di Scotland Yard è il primo indizio che ci troviamo di fronte a qualcosa di completamente diverso. Il problema infatti è che dagli obitori e dalle camere mortuarie di Londra cominciano a sparire i cadaveri. Le vittime del crimine sono dei morti. Chi li trafuga? E perché? Queste le domande a cui è chiamato a rispondere il nostro investigatore. Lem, un maestro nel dare vita ad altri pianeti ed altri mondi, riscrive da capo le regole del poliziesco pur rimanendo fedele al suo principio fondamentale. Cosa è infatti un giallo se non il tentativo di ridare un significato ed una spiegazione ad un evento caotico? Per il senso comune il fatto più caotico che si possa immaginare è quello di una persona che toglie la vita ad un’altra. Il fascino dell’assassinio sta tutto nel suo essere la violazione più estrema dell’ordine costituito. L’incanto che proviamo di fronte alle figure dei risolutori – da Sherlock Holmes a Hercule Poirot; da Nero Wolfe a Salvo Montalbano – è dato dalla loro capacità di rimettere in ordine il mondo, ancor prima di soddisfare il nostro bisogno di giustizia. La letteratura gialla è intimamente filosofica, perché chiama in gioco la capacità della nostra ragione di mantenere la comprensione ed il controllo su quello che succede. Lem va oltre, ponendo alla base della sfida dell’intelligenza del Tenente Gregory, non il delitto contro la vita ma un delitto contro la morte: il massimo dell’assurdità, e quindi il massimo del pericolo per una società che era alla disperata ricerca di certezze, mentre la Guerra Fredda e la minaccia nucleare facevano sentire tutti prossimi alla fine del mondo. La sfida lanciata è davvero epocale e Gregory trova come alleato un biologo e statistico, l’inquietante Dr. Sciss. Scienza e ragione, i pilastri dell’illuminismo, si confrontano con qualcosa verso cui provano una paura intima e profonda: l’inspiegabile. Perché ciò che sembra inafferrabile è proprio il movente. I dialoghi tra il poliziotto e l’uomo di scienza sono il cuore di un romanzo che segna una nuova frontiera per il racconto di detection. Una storia che non poteva avere ambientazione più adeguata della Londra trasfigurata e il cui lato oscuro va ben oltre la nebbia gelida e umida. Non pensiamo di essere blasfemi nell’affermare che solo le migliori storie di Dylan Dog siano in grado di competere con la Londra di Stanislaw Lem. Di una cosa, infine, possiamo essere sicuri: nessuno potrà fare spoiler ai danni dei lettori de “L’Indagine del Tenente Gregory” ed il motivo lo saprete solo leggendo. Stanislaw Lem, 'L'indagine del tenente Gregory', Bollati Boringhieri, 2007.
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Simone Farello feat Gyorgy LukacsOgni forma d'arte è definita dalla dissonanza metafisica della vita. Archivi
Ottobre 2017
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