Quando colpiscono a morte una città che conosci, dove sei stato molte volte nella tua vita lasciandoci molte esperienze vissute e che hai letto in tante pagine che hai amato, il dolore per l’uccisione di persone innocenti si unisce al dolore per quella città. Oggi, mentre i filmati cominciano a sfumare dalle cronache, penso a Manuel Vàzquez Montalbàn, che in Labirinto greco e Sabotaggio Olimpico descriveva la scomparsa della vecchia Barcellona per fare posto all’igiene speculativa del grande evento olimpico. Montalbàn era nato nel Barrio Chino, un quartiere proletario addossato alla Rambla. Un quartiere povero, abitato da persone povere in vicoli che assomigliavano molto a quelli di Genova se non per una pianura più generosa di spazio e di pendenze più morbide nelle strade che risalgono dal mare all’interno. Il Barrio Chino fu tra i primi ad essere riqualificato a beneficio della nuova industria del turismo, sperimentando quella che oggi chiamano gentrificazione. I Poveri li spostarono semplicemente altrove, un poco più in là. E penso a cosa avrebbe fatto Pepe Carvalho dopo aver visto quello che è successo il 17 agosto. Sarebbe andato a Vallvidrera, avrebbe cucinato con rabbia, litigato con Biscuter, magari chiamato Charo e alla fine avrebbe bruciato un libro. Ma penso che sarebbe stato contento di vedere che la sua Barcellona è rimasta quella del franchismo: una città che non ha paura. Che non si sposterà un po’ più in là.
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La notizia apparsa in questi giorni sul sito de La Repubblica di Genova sembrerebbe dire che la lettura è ancora un luogo interiore accogliente e che le librerie e le biblioteche sono lo spazio ideale in cui trascorrere quella pausa da tutto ciò che ci sta intorno che è la lettura. Eppure le librerie continuano a scomparire e questo articolo rappresenta l’occasione per rilanciare la ricerca di testimonianze delle librerie che a Genova non ci sono più: la Feltrinelli di Via Bensa, Liguria Libri e Dischi di Via XX Settembre, Di Stefano di Via Roccatagliata Ceccardi. E di certo ce ne saranno altre, che a me non vengono in mente. Ma questa silenziosa migrazione dei lettori nelle biblioteche civiche è anche una forma di resistenza a chi vuole intrappolare ogni frammento della nostra veglia in un’interazione digitale e il segno che una società può dirsi civile anche rispetto a come cura le case dei libri. E mentre i potenti grandi e piccoli vivono nel terrore degli hacker e della manipolazione delle nostre comunicazioni digitali, Stanislaw Lem ipotizzò nel suo ‘Memorie trovate in una vasca da bagno’ che il mondo fosse stato travolto da una misteriosa malattia della carta, che aveva gettato il pianeta in un’anarchia risolta solo dopo decenni di caos. Un racconto che ha colpito molto Sandro, il protagonista di ‘Ogni Maledetto Martedì, giornate di un Consigliere Comunale’ che teme che “non ci sarà bisogno di quella malattia, ci abbiamo pensato da soli ad intrappolarci in un eterno presente e quando sei bloccato nel presente non solo ti dimentichi del passato ma è impossibile pensare e costruire il futuro”. Piace pensare che quei lettori estivi siano già il futuro. Il racconto di Stanislaw Lem Memorie trovate in una vasca da bagno è contento nell’Antologia curata da Antonio Carona Fantascienza: guerra sociale? Edita da Mimesis (ritrovando, salvandola dall’oblio, la dimenticatissima edizione originale dell’antologia curata da Ettore Rambelli nel 1965 per Silva Editore. Finalmente sono arrivate le ferie ed è quindi giunto il momento di scegliere i libri da mettere in valigia.
Per quest’anno ho scelto di: 1. Rimediare ad una lacuna che, se non risolta, mi impedirebbe di proseguire nella lettura di alcune delle opere di Richard Ford. In libreria troverete la sua ultima opera, un racconto autobiografico, ma il suo filone principale resta quello dei romanzi che hanno come protagonista Frank Bascombe, a partire da Sportswriter. Un libro di culto negli USA a cui fece seguito Il Giorno dell’Indipendenza che si aggiudicò il Premio Pulitzer ed è ora nei miei bagagli. L’ultimo della serie aspetta nello scaffale della mia libreria. 2. Rispettare la tradizione dei polizieschi sotto l’ombrellone, rendendo nello stesso tempo omaggio alla meritoria iniziativa editoriale di Sur che sta ripubblicando la serie di Shaft il Detective di Ernest Tidyman, con uno dei pochi protagonisti di colore della lunga storia dell’hard boiled e grande fonte di ispirazione per il cinema di Quentin Tarantino. Si inizia con Shaft tra gli ebrei. 3. Approfondire la conoscenza di un’epoca del calcio italiano tanto gloriosa quanto condizionata dal contesto storico e politico del nostro paese: il decennio 1926 – 1938. Sarà possibile grazie a Enrico Brizzi che dopo aver sperimentato con un esito soddisfacente il connubio tra l’ucronia e il calcio in L’inattesa piega degli eventi ha scritto due saggi sull’epoca classica del nostro sport nazionale. Il secondo dei quali, Vincere o Morire. Gli Assi del Calcio in Camicia Nera, sarà l’antidoto a quel grand guignol che è il moderno calcio d’agosto. Con il suicidio di Chester Bennington, front man dei Linkin Park, se ne va un’altra voce del rock anni ’90. Dopo Layne Stayle nel 2002 e Chris Cornell qualche mese fa rimane solo Eddie Vedder a rappresentare una strepitosa quanto oscura stagione culturale che ebbe il suo archetipo in Kurt Cobain: primo eroe e prima vittima della scena grunge che spiccò il volo dalla piovosa e ventosa città di Seattle. Un volo di Icaro. Troppo vicine al sole le ambizioni di una generazione che spazzò via l’edonismo degli anni ’80 con una furia iconoclasta ed una rabbia che emisero la prima sentenza su quello che il reaganismo e il tatcherismo avevano inflitto alla società. Molti soldi che finirono presto, molta insicurezza che dura ancora oggi, moltissima solitudine. Cobain si tolse la vita nel 1994, in largo anticipo rispetto ai fatti Seattle del 1999, quando al tramonto del vecchio millennio, e all’alba di quello nuovo, esplose il movimento No Global, di cui in questi giorni si ricorda il tragico apogeo genovese. I giovani erano tornati in piazza con inciso nel dna il video di Small Like The Spirit, la coreografia di un’epoca, che grazie allo scrittore Douglas Coupland divenne la Generazione X. Ma se il romanzo di Coupland ha ancora tutte le atmosfere della letteratura americana del deserto e della frontiera e quelle lisergiche di Zabrinkie Point, se pur diluite nella disillusione; nessuno ha raccontato meglio la storia di quei ragazzi di Blake Nelson nel suo Paranoid Park. Un romanzo troppo trascurato rispetto alla pur efficace e bellissima trasposizione cinematografica di Gus Van Sant, che con quel film riscattò l’irrisolto Last Days, che provava a raccontare proprio gli ultimi giorni di Kurt Cobain senza però riuscire a coglierne la fiamma. Leggere o rileggere Paranoid Park, magari ascoltando i Nirvana o i Linnkin Park in sottofondo, è come leggere la lettera di addio di Chester, Layne, Chris e Kurt. Oggi il vessillo della battaglia contro la globalizzazione, il WTO e un mondo sbagliato è brandito da Donald Trump, uno di quelli che su quel mondo sbagliato ci è campato e ci campa. This land is mine, this land is free, I'll do what I want but irresponsiblyIt's evolution, baby! Cantano i Pearl Jam... ma come il grunge spazzò via gli anni ’80 qualcosa di sublime e intenso metterà fine a questi tempi bui, a questo Paranoid Park. Leggendo libri e apprezzando la qualità della scrittura degli autori che ci piacciono, pensiamo dentro di noi che “non saremo mai capaci di scrivere bene come quello che leggiamo”. La lettura è, spesso, una inibizione alla scrittura. A volte pensi che avresti delle cose da dire e, allo stesso tempo, hai paura di non essere all’altezza di raccontarle in modo adeguato. Chi decide di rompere gli indugi si assume un grande rischio, anche perché sa che i lettori sono molto esigenti. Ho deciso di correre il rischio e martedì 18 luglio presenterò il mio primo romanzo, insieme a due persone che mi hanno insegnato molte cose. Il Professor Vittorio Coletti alla Facoltà di Lettere dell’Università di Genova e Camillo Bassi, uno dei primi dirigenti di partito che ho incontrato. Sono stati due ottimi maestri e visitando questo blog o leggendo il romanzo sarete voi a giudicare se l’allievo ha imparato davvero qualcosa. Vi aspetto. In molti stanno partendo o partiranno per le vacanze estive. Un periodo dell’anno che i readers aspettano come un avvento perché, finalmente, avranno più tempo per leggere.
C’è chi ne approfitterà per dedicarsi ad un romanzo over size, tipo ‘Infinite Jest’ o ‘Guerra e Pace’ - sì, agosto si addice ai classici – e chi preferirà i racconti. Di quelli che vanno all’estero saranno in diversi a portarsi un romanzo ambientato nella loro destinazione, convinti che gli scrittori siano le migliori guide indigene e le storie le mappe interiori di un posto. Poi ci sono quelli che, fedeli ad una tradizione, leggono i gialli. Io sono tra quelli e quindi condividerò, nella sezione libri ritrovati, alcuni titoli di polizieschi di cui nessuno parla quasi più (alcuni di questi, ho scoperto, sono indisponibili anche sul mercato on line) ma che hanno fatto la storia del genere. E non solo. Perché i gialli sono letteratura. A volte è inutile parlare dei libri. Sono i libri a prendere la parola al tuo posto. A volte i libri non vanno letti, vanno ascoltati: dicono tutto quello che serve che venga detto. In casa, nel loro salotto. Nella sua poltrona, sul bordo del cuscino. Bill fissava il televisore. Tredici milioni, centoquarantacinquemilacentoventitré persone avevano votato il Partito Conservatore. Dodici milioni, deucentottomilasettecentocinquantotto persone avevano votato il Partito Laburista. Il Partito Conservatore aveva ottenuto trecentotrenta seggi alla Camera dei Comuni. Il Partito Laburista aveva ottenuto duecentottantotto seggi alla Camera dei Comuni. E il Partito Conservatore aveva vinto le elezioni politiche del 1970. Edward Heath, il deputato di Bexley nel Kent, che era nato a Broadstairs ed era un tifoso del Burnley Football Club, sarebbe diventato Primo Ministro del Regno Unito. Harold Wilson, il deputato di Huyton a Liverpool, che era nato a Huddersfield ed era un tifoso dell’Huddersfield Town Football Club, non sarebbe più stato Primo Ministro del Regno Unito. Nella sua poltrona, sul bordo del cuscino, Bill provò ad alzarsi. Bill provo a rimettersi in piedi. Bill sapeva che ti dovevi alzare. Dovevi rimetterti in piedi. Bill sapeva che se non ti alzavi. Se non ti rimettevi in piedi. Allora eri finito. Eri morto. E quelli che ti sostenevano. E quelli che credevano in te. Erano finiti anche loro. Erano morti anche loro. E dunque Bill sapeva che ti dovevi alzare. Dovevi rimetterti in piedi. Per la gente, per il popolo. Dovevi sempre alzarti. Dovevi sempre rimetterti in piedi. E Bill si alzò. Bill si rimise in piedi. E Bill andò al televisore. Bill spense il televisore. E Bill andò alla finestra. Bill aprì le tende. La finestra sul davanti, alla luce del mattino. Bill fissò lo sguardo al di là del vetro, sulla strada. Sui ragazzi in mezzo alla strada, i ragazzi con il loro pallone. Il pallone tra i piedi, il pallone in aria. Bill vide il pallone in aria, Bill vide le nuvole nel cielo. L’aria di pioggia, la minaccia di temporale. Le gocce di pioggia nell’aria, gli spruzzi di pioggia sulla finestra. E Bill si allontanò dalla finestra. Bill uscì dal salotto. Bill attraversò l’ingresso. Bill uscì dalla porta di casa. Bill andò in strada. E Bill disse, Forza, ragazzi. Dài, ragazzi. Facciamo una partitina rapida. Un’ultima partita, prima che si metta a diluviare. In casa, nel loro salotto. Bill non guardò la Coppa del Mondo in televisione. E Bill non andò negli studi televisivi. Bill non partecipò a tavole rotonde negli studi televisivi per parlare della Coppa del Mondo. Bill andò a lavorare e Bob Paisley Reuben Bennett, Joe Fagan e Ronnie Moran andarono a lavorare anche loro. Ogni giorno. Lavorarono. Ogni giorno. Parlarono. Ogni giorno. Analizzarono. Ogni giorno. Discussero. […] Ogni giorno. Bill, Bob, Reuben, Joe e Ronnie lavorarono. Ogni giorno. Finchè non furono preparati, finchè non furono pronti. Da ‘Red or Dead’, di David Peace. Bill è Bill Shankly, lo storico allenatore che prese il Liverpool Fottball Club dalla polvere e lo portò ad essere una delle squadre più forti del Continente. Bill Shankly affermava che il suo era un calcio socialista. La sua Curva, la Spion Kop di Enfield Road, espone ancora il suo volto e accanto al suo, nelle settimane scorse, c’era quello di Jeremy Corbyn. Questa immagine ritrae Bill mentre usa la sua lavagna tattica: un campo di Subbuteo. Un gioco inventato dagli inglesi e in cui i genovesi diventarono maestri. Ora si tratta di fare una cosa sola: lavorare, ed essere pronti. Anzi, facciamone un’altra: rileggiamo ‘Red or Dead’. Ho passato gli ultimi 15 anni della mia vita nell’Aula Rossa del Consiglio Comunale di Genova.
Ho provato a farlo dando il meglio di me stesso, con una grande passione per la politica ed un grande amore per la mia città. So quindi che qualunque sarà il risultato del ballottaggio per il Sindaco di domenica, mi sentirò in parte responsabile di quello che sarà il risultato. Non mi sono ricandidato e ho deciso di dedicare il mio tempo ad un’altra grande passione della mia vita: la letteratura. Molti di coloro che hanno vissuto l’esperienza dell’ultimo ciclo amministrativo si sono ricandidati e diversi sono stati eletti. A questi ultimi, a cui vanno i miei migliori auguri, e a tutti gli altri voglio dedicare dei… libri da leggere questa estate che spero utili anche per gli anni a venire. Spesso ho pensato che se avessimo messo dei “libri nei nostri cannoni” avremmo fatto meglio il nostro mestiere per la città e, sicuramente, sarebbe stato tutto molto più civile. All’unico collega che in questi cinque anni mi ha donato un libro, Leonardo Chessa, va quindi la mia riconoscenza. Oggi, non potendo più dare il cattivo esempio, spero almeno di poter dare dei buoni consigli. Di lettura. Del resto è un altro modo di fare il…. “Consigliere”. A coloro che hanno occupato i banchi della sinistra diffusa e della Lista Doria, a Paolo Putti e agli assessori più vicini al Sindaco, che spesso ho accusato di essere radical chic o socialisti utopisti, consiglio un libro che è nello stesso tempo un ineccepibile e documentatissimo saggio storico; l’avvincente reportage di un’epoca ed una impressionante galleria di personaggi che si sono aggirati per l’Europa dalla Comune di Parigi agli anni ’20 del ‘900. Consiglio ‘Il mondo che non fu mai’ di George Butterworth. E’ un libro che ci fa capire quanto dovremmo riscoprire la filosofia della storia di Giovan Battista Vico o di Braudel, perché quello che accade è già accaduto. E’ un libro che racconta quanto i sognatori e gli architetti sociali debbano sempre fare i conti con la dura realtà. E’ un libro che svela una scomoda verità sul romanticismo e i suoi applicativi: che serve a rendere le anime dei singoli migliori, ma non a cambiare lo stato delle cose. Ma ci dice, anche, che la realtà ha bisogno di essere cambiata e che vale la pena di combattere per questo. A quelli della destra e a coloro che hanno scelto di restare nel Movimento 5 Stelle, che hanno grondato disprezzo ed ora grondano rivalsa in nome del popolo e della gente comune; a coloro che hanno innalzato i vessilli della Brexit o di Trump, a volte addirittura di entrambe, e sempre e comunque quello di una società fondata sull’invidia, consiglio il più lancinante romanzo profetico degli ultimi anni. Il vero de profundis di una certa idea di Occidente. Più che un romanzo un’autopsia, ma così ben scritta da essere quasi sopportabile. Martin Amis ha scritto con ‘Lionel Asbo, Stato dell’Inghilterra’ un romanzo senza compromessi, a tolleranza zero. Ovviamente è un consiglio a trabocchetto. Rimane Marco Doria. Non ci siamo salutati bene, in Aula Rossa, troppo stanchi e con troppi scontri sulle spalle. Ma con i libri non si può essere cattivi; sui libri non ha senso infierire o usarli per affermare le proprie, sempre presunte, ragioni. Voglio quindi rendere omaggio ad una grande passione di Marco, la boxe, suggerendogli per questa sua estate senza politica, Aula Rossa e senza Capogruppo Farello, il troppo trascurato ‘Il professionista’ di W. C. Heinz, la storia dell’allenamento di uno sfidante al titolo di campione del mondo della sua categoria. E’ una storia di sport; una storia di vita e in qualche modo una storia di politica. Perché la politica assomiglia molto allo sport ed è parte della vita. In realtà di libri ce ne siamo consigliati diversi, in questi anni e, a dimostrazione di quello che scrivevo prima, sono state forse le uniche occasioni in cui ci siamo ascoltati davvero. Se avessimo parlato di più con i libri saremmo andati più d’accordo e la lezione, sia chiaro, vale soprattutto per me. Ed io aspetto i consigli di tutti per le mie, di letture, dichiarando al tempo stesso che il testo che mi sono imposto spesso, quando praticavo la nobile e antica arte dell’autocritica, era il saggio conclusivo della raccolta ‘Il chierico organico’ di Edoardo Sanguineti. Si intitola ‘Tesi sul Manifesto’. Lo rileggerò anche in questi giorni. Il treno, uno dei posti migliori per un reader. Per ringraziare gli amici del Dopo Lavoro Ferroviario di Genova che hanno voluto segnalare questo blog ai loro soci, voglio dedicare il post di oggi al treno che è, senza alcun dubbio, uno dei luoghi più favorevoli ai lettori. Molti di noi hanno fatto l’esperienza di coloro che, prima di un lungo viaggio in treno, si siano posti il problema di avere qualcosa da leggere. Prima che internet sostituisse praticamente tutto il sostituibile nel mercato editoriale, le edicole delle stazioni erano le megalopoli della lettura. Riviste, fumetti e, ovviamente, tascabili, occupavano negli atri delle stazioni superfici di vendita lunghe dei metri. Ricordo in particolare quella di Brignole, un’edicola che sembrava una libreria, pieno di meraviglie. Anche quell’edicola, come le piccole librerie, è scomparsa. Anche molte stazioni, in un certo senso, sono scomparse: quelli che prima erano luoghi accoglienti, romantici, abitati dall’uomo (bigliettai, ferrovieri, operai) oggi sono edifici disabitati affacciati sui binari che rischiano di diventare dei ruderi: tante piccole Case degli Usher. Si è provato anche a farle adottare, le stazioni, sembra, purtroppo, con poco successo. Ma nulla può dissuadere un lettore dal leggere in treno. Leggere in auto è impossibile, anche perché spesso guidi tu. Leggere in pullman è difficile, perché puoi anche masticare il travelgum ma ti verrà la nausea; leggere in aereo non è la stessa cosa (soprattutto se avete paura di volare e non riuscite a resistere alla sempre migliore offerta di prodotti audiovisivi). Conosco persone che scelgono di viaggiare in treno esclusivamente perché così avranno, finalmente, il tempo per leggere senza sentirsi in colpa. Quanti romanzi sono stati letti in un solo viaggio, dall’inizio alla fine, da un reader? Io ho il mio: “Come una bestia feroce” di Edward Bunker, comprato nell’edizione dei Gialli Mondadori nell’edicola della stazione Brignole di Genova prima di prendere il Napoli Express diretto a Parigi. Arrivato alla Gare del Lyon l’avevo finito. Oggi non c’è più nemmeno il Napoli Express. Peccato. Acquistare libri non è mai stato così facile.
Effettivamente non c’è mai stata, nella storia umana, una disponibilità di libri vasta come in questo nostro tempo. I libri sono reperibili in grandi discount culturali che offrono, oltre ai semplici volumi rilegati in brossura e alle edizioni economiche, una serie di beni e servizi che va dagli articoli di cartoleria ai supporti tecnologici; dai giochi alle guide turistiche (che assomigliano molto ai libri ma non sono esattamente la stessa cosa); dall’arredo di design, ai calendari, agli snack. Nello stesso tempo il commercio via internet di libri è sempre più florido e si possono trovare siti ultra specializzati e siti di notorietà globale come Amazon che sono di fatto una biblioteca smisurata, da cui chiunque può attingere seduto davanti al suo palmare. Questo processo di concentrazione del mercato della distribuzione ha numerosi vantaggi ma, come tutte le trasformazioni imposte dalla creatività del capitalismo, ha gli stessi effetti di un’orda di Unni sui territori da essi attraversati: difficilmente l’erba crescerà ancora e comunque non sarà più la stessa. Joseph Schumpeter, uno di quegli studiosi spesso citati ma raramente studiati davvero, definì questo fenomeno distruzione creatrice. Con un affascinante ossimoro, Schumpeter descriveva con eleganza e, soprattutto, giustificava gli effetti collaterali di ogni innovazione, ovvero la scomparsa di tutto ciò che viene sostituito da quello che risulta essere più moderno ed efficiente. La fortuna della formulazione è nel suo cinismo linguistico: la presenza dell’aggettivo creatrice addolcisce il sostantivo distruzione che è in realtà il vero effetto del cambiamento. Il risultato è che mentre Attila l’Unno è ancora oggi archetipo di morte e devastazione, nonché sinonimo di barbaro; personaggi come Jeff Bezos sono rappresentati come eroi dell’innovazione e del progresso; manager molto cool i cui precetti sono degni di essere raccolti in breviari per aspiranti al successo negli affari e nella vita, a beneficio dei numerosi devoti idolatri della creatività e del talento. Ci si può così dimenticare che i grandi discount culturali e l’e-commerce hanno spazzato via le piccole librerie, con le loro dimensioni ridotte, la loro gestione familiare e la presenza di commercianti esperti che in genere amavano leggere quanto i loro clienti, se non di più. Se quindi, per un lettore contemporaneo, è molto più facile trovare libri rari e fuori catalogo o semplicemente libri che non hanno garantito una tiratura sufficiente per meritarsi una lunga permanenza negli scaffali delle grandi librerie; è allo stesso tempo diventato molto difficile, se non impossibile, rivivere alcune delle sensazioni che si potevano provare un tempo quando si andava in libreria. Innanzitutto le piccole librerie sono praticamente scomparse, come i negozi di dischi e le sale cinematografiche che non siano multisala. Delle tre librerie di Genova in cui facevo i miei acquisti al tempo dell’Università (parliamo degli anni ’90, non del pleistocene), neanche una esiste più. Al posto della gloriosa Di Stefano di Via Roccatagliata Ceccardi c’è una profumeria; al posto della Feltrinelli di Via Bensa un’erboristeria, al posto di Liguria Libri e Dischi di Via XX Settembre (la prima a chiudere, dal momento che vendeva soprattutto dischi) un negozio di vestiti grandi marche. La cosa più inquietante è che se si cercano su Google immagini di questi luoghi si scopre che in rete non ne esiste alcuna documentazione fotografica. Faccio quindi appello a tutti coloro che per qualunque ragione conservino una foto di una di queste librerie perché la condividano su questo blog, insieme ai loro ricordi. Un appello esteso a chiunque abbia la sua libreria perduta e voglia usare questo sito per ricordarla o ritrovarla. |
Simone Farello feat Gyorgy LukacsOgni forma d'arte è definita dalla dissonanza metafisica della vita. Archivi
Gennaio 2018
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