In questi giorni la cronaca nera e l’ordine pubblico seppelliscono, sotto il loro grand guignol, la realtà materiale della nostre città in tumultuosa trasformazione. Sarebbe utile cercare le parole giuste per descrivere questa realtà nel dibattito politico, ma spesso è meglio rivolgersi alla letteratura. Lo sa bene Sandro, il protagonista di Ogni Maledetto Martedì – Giornate di un Consigliere Comunale, di cui riportiamo integralmente la recensione da lui scritta, durante la pausa di un Consiglio Comunale, del romanzo Heartland di Anthony Cartwright, di cui sta per uscire nelle librerie italiane l’ultima opera. E’ il 2002 e siamo in una città del distretto siderurgico di Black County dove le fabbriche che chiudono lasciano dietro di sé vite che si ripiegano, e il ricordo ancora vivo dell’11 settembre rende più semplice dare la colpa di tutto il male ai Pakistani. Che sono venuti ad abitare nel quartiere e mandano i figli nella stessa scuola dei nostri, ma non nella stessa squadra di calcio. Heartland descrive, intrecciandole, tre partite. La prima si gioca su un campo di questa periferia logora, ed è la sfida decisiva tra la squadra di football degli inglesi, dove milita il protagonista del romanzo Rob Catesby, e la squadra degli immigrati, per il primato in classifica. La seconda si gioca in Giappone, ai Campionati del Mondo 2002, tra Argentina ed Inghilterra. Ci sono tutti, proprio tutti, nel pub per assistere alla grande rivincita di Messico ’86, quando quel guitto sublime di Diego Armando Maradona eliminò i maestri decaduti del calcio con un vile colpo di mano. Ora la star è David Beckham, che ha tutto per essere una star del mondo globale, e abbastanza per essere un buon calciatore. A lui e alle sue punizioni si affidano i tifosi assiepati nel pub per redimere, in 90 minuti, la frustrazione di un popolo che sente il declino alle porte dei propri villaggi. I protagonisti vivono entrambe le partite, una da tifosi e l’altra da giocatori, e Cartwright riesce a farti capire quanto il confine tra le due dimensioni sia sottile, come il gesso di una fascia laterale. Heartland è anche la storia di un amore e di amicizie messe in discussione dall’emergere dell’identità, che è la più brutale delle trappole perché quando cominci ad averla, un’identità, questa alza uno steccato tra te e gli altri. Già, gli altri. Quelli con cui andavi a scuola e con cui te le davi di santa ragione al campetto. Solo con l’affiorare dell’identità, agli occhi di Rob, che nella vita fa l’insegnante, i suoi amici e la ragazza di cui è innamorato possono diventare loro, gli altri. Ma la terza sfida che si intreccia con le due partite non è questa. E’ la campagna elettorale per il Consiglio Comunale della città, che vede schierati lo zio di Rob, storico militante e Consigliere laburista, e il proprietario del pub entusiasta sostenitore del British National Party, nuovo partito di ispirazione nazionalista populista ed anti immigrati. Rob, suo zio, e il proprietario del locale, si ritrovano insieme per vedere la partita della nazionale, con le loro maglie bianche con i tre leoni, e il desiderio profondo di ricucire tutto quello che si sta strappando nel loro mondo. Mentre guardano Beckham trafiggere l’Argentina, le altre sfide si sono già consumate, e nessuno ne è uscito davvero vincente. Possono solo esultare, senza sapere che anche questa volta l’Inghilterra non vincerà il Campionato del Mondo. Heartland è un libro di una densità politica sconvolgente, che spiega la Brexit e la crisi morale e politica del nostro mondo, meglio di qualunque trattato filosofico, meglio di qualsiasi editoriale, meglio di ogni sociologo da salotto televisivo. Rob, un calciatore professionista mancato e suo zio, che riesce a vincere le elezioni per un pugno di voti andando di porta in porta nella sua piccola città, rappresentano quello che più si avvicina a ciò che un tempo avremmo chiamato coscienza di classe. Quando straparliamo delle periferie del mondo e delle solitudini che in esse gonfiano d’odio non dovremmo limitarci alle cronache nere dei fatti di sangue e delle rivolte, ma guardare dove e come vivono davvero le persone quando le telecamere sono lontane. Sapere a cosa giocano, per chi tifano. L’insegnante Rob osserva prima di ogni altra cosa lo sfacelo del proprio ruolo, facendoci capire che nello stesso momento in cui si fa perdere valore alla scuola lo si fa perdere anche alla politica. La sua parabola e quella di suo zio sono congruenti. Ma nello stesso tempo Rob ricostruisce, nel campo di calcio, la possibilità di un mondo e il pakistano Zubair non è più il fratello di Adnan, scomparso nel nulla e sospetto terrorista, ma un magnifico giocatore di calcio, difficile da battere. E un cittadino. Quello che ci dice Carthwright è alla fine molto semplice: che la buona politica e il buon calcio sono la stessa cosa; quando giochi vuoi vincere, battere il tuo avversario, ma quando la partita è finita vuoi solo andare a casa tutti insieme o al pub, a vedere la partita degli altri. Heartland è un libro anche pieno di enigmi e con molti finali ma soprattutto è un romanzo con un cuore che pulsa e che parla di ciò che rende umani gli uomini.
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Gennaio 2018
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